PERCEZIONE VIBRAZIONALE

Percezione vibrazionale e la scoperta dei codici del corpo e della relazione, un percorso di Giuseppe Guidi

Un percorso che mi ha permesso di vedere lo yoga da un’altra prospettiva, consentendomi di penetrare le parole di Patanjali è stato quello di Percezione Vibrazionale©.

La percezione delle vibrazioni è la capacità di percepire il campo elettromagnetico emanato da ogni forma vivente. Cosa significa questo riportato alla vita di tutti i giorni e in che relazione è con lo Yoga di Patanjali? Mettetevi di fronte ad un oggetto e non esprimete alcun giudizio o pensiero nei suoi riguardi, lasciatevi informare dall’oggetto, che vi imprimerà sul corpo il suo campo elettromagnetico. Se vi mettete davanti ad un frutto può sorgere il senso del gusto, dolce o aspro, davanti ad un albero potete percepire la sua fibra, e così via. Come mai una capacità che appartiene a tutti non la conosciamo e non la sappiamo usare? Nella maggior parte dei casi ci muoviamo nel mondo portando, prima del nostro percepire, i nostri pensieri e il riflesso mentale che noi abbiamo del mondo; siccome ogni pensiero struttura il corpo in un certo modo, e questo lo sanno bene discipline e tecniche come lo Shiatsu, la Kinesiologia, per fare solo alcuni esempi, questo blocca le sensazioni indotte dalle informazioni elettromagnetiche di ciò che ci circonda. La percezione delle vibrazioni, usata naturalmente dagli animali e da ogni altra forma di vita, trova la sua base scientifica nella fisica quantistica, che ci dice che tutto vibra e che non c’è separazione tra noi e ciò che ci circonda.

Qui ora mi soffermo solo sul legame tra la Percezione Vibrazionale e lo Yoga di Patanjali. Nella descrizione dei vari stadi di pulizia della coscienza dalle vritti nel percorso dell’Ashtangayoga di Patanjali si trovano riferimenti che possono essere descritti proprio con la percezione vibrazionale. Il concetto di Pratyahara, per esempio, traducendolo come nel testo di Mircea Eliade “la facoltà con la quale lo spirito (citta) possiede le sensazioni come se il contatto fosse reale” si può tradurre come: lo yogin, dopo aver appreso la capacità di stare in un Asana, iniziando la separazione della coscienza dai cinque sensi, approdato, attraverso il Pranayama, a nuovi stati di coscienza, può percepire, cioè ricopiare addosso, un oggetto, cioè la sua emanazione elettromagnetica, senza il bisogno dei cinque sensi. Nella percezione vibrazionale basta pensare ad un oggetto che il corpo si configura sulla base del campo elettromagnetico dell’oggetto richiamato alla mente. Ancora, nei commenti agli Yoga Sutra si dice: ” la saggezza dello yogin conosce tutte le cose quali esse sono.”( Yoga-bhasya, II, 45); nel percorso della percezione vibrazionale è possibile addentrarsi nelle cose fino a percepirne i movimenti delle molecole, degli atomi, fino cioè al livello più piccolo che ha una oscillazione; questo contatto è senz’altro molto vicino al conoscere le cose quali esse sono, e non per come sono state definite socialmente. Questa separazione dell’attività sensoriale dei cinque sensi dall’influenza degli oggetti esterni è la tappa che precede i tre livelli ‘sottili’, cioè quelli che riguardano solo il mentale, del percorso yogico di Patanjali; infatti per approdare alle tecniche di contemplazione (Dharana), Meditazione (Dhyana) e Samadhi ci deve essere stato l’accordo tra corpo e mente (Asana, Pranayama) e percepito il senso di accordo con tutto ciò che ci circonda (Pratyahara), altrimenti tali tecniche non possono farci proseguire lungo il percorso di liberazione dall’illusione della mente.

Alla fine del percorso descritto il praticante è in grado di portarsi in concentrazione e di meditare su ogni cosa. La sua mente è diventata in grado di percepire il mondo aspettando che il mondo informi il corpo con le sue oscillazioni, senza esprimere giudizi, che creano un legame predefinito con quel mondo; è in grado di percepire fino agli atomi di un oggetto, andando oltre l’illusione della forma, a cui i nostri occhi ci hanno abituato, ma sentendo “i suoni delle cose” (Yoga Sutra, III,17); se la mente di uno yogin medita sui pensieri può conoscere gli stati mentali di un’altra persona (Yoga Sutra, III,18). Ogni pensiero che nasce ha una sua oscillazione e una frequenza; una mente allenata a stare nel sentire senza giudizio e senza le innumerevoli fluttuazioni della mente ordinaria, può avere sensazioni direttamente legate ai pensieri dell’altra persona.

Quello che accade quando una mente è allenata al percorso di Patanjali, è che il suo potere di influenzare e di penetrare il mondo aumenta: è come se anzichè disperdersi in mille fluttuazioni, il potere del mentale venisse indirizzato solo verso l’oggetto di interesse, di solito chiamato l’oggetto di meditazione. Questo può spiegare le siddhi, i poteri che lo yogin acquisisce lungo il percorso dell’Asthangayoga di Patanjali, che rappresentano solo una tappa che rivela allo yogin la potenzialità dell’essere umano di varcare confini considerati impossibili